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29 Gennaio 2013

Coach è una parola di gran moda, non c’è dubbio. Il coach viene aggiunto a quasi tutto, come il sale, come qualcosa che da più gusto a tutto. Se fino a qualche tempo fa quando si tirava in ballo il “coach” era collegabile ad un evento sportivo: oggi il significato si è allargato prendendo in considerazione la concezione del termine più ampia, quella collegata all’allenamento, che non è solo quello fisico. Esiste anche l’allenamento mentale, quello sulle competenze trasversali e su altri aspetti manageriali, ed i formatori lo sanno bene visto che negli ultimi anni hanno contribuito all’affermarsi di questa efficace metodologia. Non a caso il mental coach è una figura professionale conosciuta e collaudata. Va in supporto agli imprenditori piuttosto che agli studenti, anche ai genitori (date un’occhiata al corso Genitori Interattivi di Gruemp).

A quanto pare non finisce qui, il coach va in aiuto anche agli sposi, leggevo qualche giorno fa della nuova figura del wedding coach, che consola le spose agitate e convince i futuri mariti poco sicuri della scelta del grande passo, piuttosto che il beauty coach (o qualcosa di simile) che aiuta, sembra attraverso il coaching e la motivazione, a riprendere fiducia in se stessi attraverso l’accettazione della propria immagine, magari aiutando a migliorarla con un corso di trucco.  Forse c’è un po’ di confusione e di eccesso sia nell’uso del termine coach, che nei contenuti. I mental-business-life-sport coach possono veramente aiutare le diverse problematiche, ma serve sempre quella professionalità, e aggiungo anche il corretto uso dei termini, che evitano di creare confusione, far perdere soldi e ulteriore fiducia in se stessi. Non basta aggiungere un sostantivo ad un termine di moda per creare un professionista. Erika Bollettin

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